Dislessia: Il potere della Musica

 

A cura di Sara Sperindei

La dislessia, il disturbo della decodifica di lettura (lettura decifrativa), è il caso più emblematico tra i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). La dislessia, ostacola il normale processo di interpretazione dei segni grafici mediante i quali vengono rappresentate per iscritto le parole.
Questi deficit relativi a rappresentazioni fonologiche, costituiscono un ostacolo nell’associazione grafema-fonema e/o fonema-grafema, che sono alla base dei sistemi di scrittura alfabetica.
A causa di questa difficoltà di transcodifica, la lettura avviene a stento ed è caratterizzata da numerosi errori.
Molti ricercatori sostengono che l’elaborazione fonologica, cioè la capacità di memorizzare, manipolare ed utilizzare i suoni del linguaggio, fondamentale per la lettura, sia compromessa nei bambini con dislessia. Infatti, durante l’elaborazione fonologica, nei bambini con dislessia, viene osservata una ridotta attivazione cerebrale nelle regioni temporo-parietali dell’emisfero sinistro, risultate importanti per la lettura.
Sebbene la musica sia tradizionalmente associata all’emisfero destro del cervello, è stato scoperto che processi musicali analitici, come la percezione del ritmo, siano elaborati principalmente nell’emisfero sinistro, responsabile dell’elaborazione del linguaggio. Sono state trovate anche correlazioni tra abilità ritmiche ed abilità di lettura, nonché abilità musicali generali ed abilità verbali. Ciò suggerisce che alcuni aspetti della musica e dell’elaborazione del linguaggio richiedono abilità cognitive simili.
I risultati di varie ricerche suggeriscono che l’impiego di queste regioni attraverso l’allenamento musicale, possa facilitare lo sviluppo di una rete neuronale compensatoria bilaterale, che aiuti i bambini con funzioni atipiche nelle regioni temporo-parietali dell’emisfero sinistro.
Infatti, gli studi longitudinali che impiegano la risonanza magnetica con bambini in età scolare, hanno dimostrato alterazioni neurali a seguito di un allenamento musicale strumentale.
In particolare, i bambini di sei anni che ricevono circa uno-due anni di formazione musicale strumentale, dimostrano cambiamenti strutturali in diverse regioni del cervello, in particolare nelle cortecce uditive primarie e nel corpo-calloso.
L’apprendimento musicale produce effetti sulla plasticità cerebrale, modificando aree importanti non solo per la musica ma anche per le abilità cognitive/percettive non musicali, le quali possono giocare un ruolo nella lettura. In sintesi, numerose prove suggeriscono che l’abilità musicale sia direttamente associata alla consapevolezza fonologica e alla capacità di lettura.
Ad esempio, è stato dimostrato che il picchiettamento (tapping) del numero di sillabe in una parola ad un ritmo costante possa migliorare le prestazioni di spelling dei dislessici. È stato anche dimostrato che la conoscenza delle filastrocche è fortemente correlata alla consapevolezza fonologica dei bambini; le filastrocche sono ovviamente basate sul ritmo e la rima del linguaggio.
I programmi di trattamento per le persone con dislessia possono essere implementati in varie misure da terapisti, tutor ed insegnanti. La maggior parte dei programmi che sviluppano abilità di lettura usano un approccio multisensoriale.
Un ulteriore aspetto interessante da analizzare riguarda i musicisti allenati, noti per avere abilità di elaborazione uditiva specializzate ma che mostrano anche una dislessia persistente. Nella storia, è infatti nota l’esistenza di grandi musicisti dislessici, a partire da Wolfgang Amadeus Mozart, Ludwig van Beethoven, John Lennon, fino ai giorni nostri con Mika e Robbie Williams, solo per citarne alcuni. La lettura della musica sullo spartito non è molto diversa dalla lettura delle lettere, infatti, le lettere, sono simboli corrispondenti ad un suono, esattamente come una nota scritta su uno spartito. Quindi esiste allo stesso modo il problema della codifica, ma, i musicisti dislessici, nonostante dimostrino difficoltà di lettura, evidenziano anche abilità uditive specializzate nel dominio musicale.
In conclusione, le persone con dislessia sono dotate di punti di forza in altre aree come la capacità di pensare in immagini anziché in parole, essere altamente intuitive e perspicaci, avere una vivida immaginazione ed essere in grado di percepire la multidimensionalità. È fondamentale quindi aumentare la consapevolezza dei punti di forza, in quanto le persone con dislessia possono spesso sviluppare una scarsa immagine di sé e sentirsi meno intelligenti dei loro coetanei.
Inoltre, la dislessia, comporta un impatto negativo per quanto riguarda le attività della vita quotidiana, ed in primis l’adattamento scolastico. Proprio per questo, il bambino tende ad avere, di conseguenza, dei problemi psicologici che possono riguardare la scarsa autostima o la demotivazione.
Sebbene la strada sia ancora lunga e ricca di sfide, i risultati riportati finora dai vari autori, aprono nuove vie sugli effetti benefici della musica e del suo uso riabilitativo nelle classi con bambini dislessici.

“Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita”.
(S. Freud)