Il burnout

Il burnout è una sindrome che colpisce con frequenza sempre maggiore coloro che operano nel sociale e più in generale le cosiddette helping professions (medici, infermieri, insegnanti, educatori), professioni in cui il rapporto con l’altro è di estrema centralità.

Il termine fu introdotto nel 1974 da Freudenberger per indicare una sindrome caratterizzata da una serie di sintomi psico-fisici e di atteggiamenti verso il lavoro, e le sue componenti costituirebbero la fase finale di un processo difensivo-reattivo verso condizioni di lavoro vissute come insoddisfacenti.

Dopo aver esaminato la letteratura sull’argomento , Pearl e Hartman concludono che il burnout è “la risposta ad uno stress emotivo cronico con tre componenti:

a) esaurimento emotivo o fisico

b) diminuita produttività sul lavoro

c) deterioramento della relazione con l’utente”.

Farber(1983) fa una rassegna di quanto affermato da vari autori sull’argomento: “Pines, Aarson e Kafry (1981) notano che il burnout è caratterizzato da esaurimento fisico, sentimenti di impotenza e disperazione, svuotamento emotivo, e dallo svilupparsi di un concetto di sé negativo e di negativi atteggiamenti  verso il lavoro, la vita e gli altri…e un senso di afflizione, scontentezza e fallimento nella ricerca di un ideale. Freudenberg e Richelson (1980) descrivono il burnout come uno stato di fatica o frustrazione nato dalla devozione a una causa, da uno stile di vita o da una relazione che ha mancato di produrre la ricompensa attesa. Edelwich e Brodsky (1980) definiscono il burnout come una progressiva perdita di idealismo, energia, motivazione, interesse come risultato delle condizioni di lavoro. Essi notano che il seme del burnout è contenuto nel presupposto che il mondo reale si armonizzerà con i propri idealistici sogni.”

 

E’ chiaro che il lavoro nei servizi socio-sanitari pone delle richieste differenti e  gli utenti/clienti sono portatori di bisogni ed esigenze particolari che implicano dinamiche diverse rispetto all’interazione con un computer o con gli impianti produttivi di un’azienda. Inoltre, spesso, questo tipo di lavoro non è gratificante in quanto gli utenti/clienti non esprimono gratitudine o apprezzamento gli  sforzi che gli operatori fanno per portarlo avanti.

 

Cherniss (1980)afferma che il “burnout rappresenta, da un punto di vista psicologico, un particolare tipo di risposta ad una situazione di lavoro sentito come intollerabile”; è una strategia di adattamento che ha conseguenze negative per la persona e l’organizzazione, è una sorta di “ritirata psicologica” dal lavoro in risposta a stress eccessivo o insoddisfazione: ciò che prima era sentito come “vocazione” ora è solo un lavoro, perdita di interesse e di senso di responsabilità per la propria professione. Questa incapacità a fronteggiare lo stress è determinata sia da elementi personali sia da variabili riguardanti il lavoro in sé e la sua organizzazione.

Le possibili manifestazioni del burnout secondo Cherniss (1980) possono essere suddivise in quattro gruppi:

–  sintomi fisici: fatica e senso di stanchezza, frequenti mal di testa e disturbi gastrointestinali, raffreddore e influenza, cambiamenti delle abitudini alimentari, insonnia;

– sintomi psicologici: senso di colpa, negativismo, sensazione di fallimento, irritabilità, scarsa fiducia in sé;

–  reazioni comportamentali: alta resistenza ad andare a lavoro, assenteismo e ritardi, tendenza a evitare o rimandare i contatti con gli utenti;

–  cambiamenti di atteggiamento verso gli utenti: cinismo, perdita di disponibilità all’ascolto, evitamento dei contatti con i colleghi.

Maslach definisce il burnout “una forma di stress interpersonale che comporta il distacco dall’utente causato dalla continua tensione emotiva del contatto con persone che portano una richiesta di aiuto”. Pur precisando che il burnout non colpisce solo i soggetti impegnati in specifiche professioni socio-sanitarie  ma tutti coloro che lavorano a stretto contatto con persone per lunghi periodi di tempo, ne sottolinea, tuttavia, la specificità per tutte le professioni di aiuto (Maslach, 1982).

La sua definizione costituisce l’approccio che oggi sembra influenzare maggiormente i ricercatori. Successivamente tale definizione viene trasformata operazionalmente e ricondotta ad un costrutto multifattoriale costituito da tre dimensioni che sono tra loro relativamente indipendenti:

–  l’esaurimento emotivo: la principale caratteristica della sindrome di burnout. A causa della forte tensione che questo lavoro comporta e delle richieste eccessive rispetto alle risorse disponibili, l’operatore sente di aver oltrepassato i propri limiti e di non poter offrire più nulla dal punto di vista psicologico, è incapace di rilassarsi e non ha più  l’energia per affrontare con entusiasmo nuove sfide e nuovi progetti e ciò porta ad un distacco emotivo e cognitivo dal lavoro e dagli utenti;

–  la depersonalizzazione: per far fronte a questa situazione di tensione emotiva l’operatore assume un atteggiamento distaccato, pone una distanza tra sé e gli utenti, cerca di evitare il coinvolgimento mettendo in atto atteggiamenti di rifiuto e di indifferenza per proteggersi dall’esaurimento e dalla delusione, riducendo al minimo il proprio coinvolgimento verso il lavoro;

–  la ridotta realizzazione personale: cioè la sensazione che nel lavoro a contatto con gli altri la propria competenza e il proprio desiderio di successo stiano venendo meno. L’operatore si sente inadeguato, motivazione ed autostima diminuiscono  ed emergono sintomi di depressione ed in questa situazione spesso il soggetto pensa di cambiare lavoro o effettuare una psicoterapia. “Questo costrutto ha una relazione complessa con gli altri due:  sembra che sia una funzione di entrambi oppure una combinazione dei due. Una situazione lavorativa caratterizzata da richieste croniche o opprimenti che contribuiscono all’esaurimento e al “cinismo” è probabile possa erodere il senso di efficacia dell’individuo. Esaurimento e depersonalizzazione interferiscono con l’efficacia: è difficile raggiungere un senso di realizzazione quando ci si sente esauriti o si aiutano persona verso le quali si prova indifferenza. Comunque in altri contesti lavorativi, l’inefficacia sembra svilupparsi parallelamente agli altri due aspetti del burnout, piuttosto che in maniera sequenziale” (Leiter,1993).