A cura di Emilia Biviano
L’evoluzione della tecnologia, oltre che a rendere la vita più agiata e a migliorare la comunicazione, ha permesso anche di avere altre possibilità di svago virtuale senza troppo sforzo fisico. Infatti negli anni 70, negli USA, sono stati ideati i videogiochi, congegni che permettono alle persone di entrare in relazione con la televisione e che nel tempo sono diventati strumenti sempre più sofisticati, tanto che al giorno oggi rappresentano il principale divertimento utilizzato dai ragazzi più giovani, ma non solo. Ne esistono di diversi tipi: vi sono giochi che richiedono molta azione e che, secondo la ricerca di Sherry, Lucas e Greenberg, sono solitamente preferiti dai maschi; e altri che invece sono più riflessivi e più diffusi tra le femminile. Indipendentemente dal tipo di gioco, però, viene spesso da chiedersi quali sono i fenomeni psichici che spingono adulti e ragazzini ad approcciarsi a questo tipo di gioco, a persistere nel loro utilizzo e soprattutto quali conseguenze ne derivano.
Innanzitutto si ritiene che utilizzare i videogiochi è una semplice preferenza personale, così come può essere una scelta individuale leggere un libro piuttosto che guardare la televisione. Allo stesso modo preferire un tipo di videogioco piuttosto che un altro può dipendere dalle caratteristiche personologiche, ma anche dalle emozioni che si cercano: c’è chi va alla ricerca di un momento per rilassarsi, chi vuole divertimento carico di adrenalina. Inoltre chi gioca ha la possibilità di uscire dalla complessità della vita quotidiana, dai suoi problemi e di immergersi in un mondo dominato dalla fantasia.
Serger e Potts nel 2012 hanno parlato di “psychological flow state” per riferirsi a quello stato psicologico in cui si è totalmente immersi in un’attività piacevole che mette alla prova le proprie abilità permettendo al tempo stesso di rilassarsi. Dato che tale condizione emotiva non è costantemente presente durante il gioco, ma varia a seconda della sua difficoltà (giochi troppo difficili possono causare frustrazione, quelli troppo semplici possono essere vissuti come noiosi) in genere questi giochi sono organizzati su livelli sempre più complessi, dando la possibilità al giocatore di adattarsi e affinare sempre più le proprie competenze. Affinché si presenti il flusso emotivo è dunque necessario che si sviluppi un’abilità tale da portare a termine alcuni livelli del gioco stesso, ma è anche importante che quest’ultimo abbia determinate caratteristiche: grafiche e suoni devono permettere di concentrarsi per evitare distrazioni, gli obiettivi devono essere concreti e ben spiegati dai rispettivi tutorial e infine il giocatore deve sperimentare la sensazione di avere il controllo su quanto accade dentro al gioco.
Per quanto riguarda le conseguenze dei giochi virtuali, nonostante tale articolo abbia l’obiettivo di scoraggiarne l’uso, non si può non considerare che, secondo alcuni studi scientifici, queste attività di svago siano causa di alcuni effetti positivi: memoria, percezione, navigazione spaziale, ragionamento, problem solving e resilienza sono le principali abilità cognitive che vengono allenate e raffinate con l’uso dei videogiochi. Al contempo però, vi sono anche dati empirici che evidenziano come tale attività, a lungo andare, produca malessere fisico, caratterizzato da stanchezza, epilessia, difficoltà ad addormentarsi, tremore alle mani, ma anche un senso di malessere psichico, di cui l’aggressività, l’isolamento sociale, l’ansia, la depressione, ma soprattutto la dipendenza, sono i rappresentati.
Andando ad analizzare singolarmente queste conseguenze psicologiche, alcuni studi evidenziano come utilizzare dei videogiochi violenti incrementi l’aggressività del giocatore e, secondo Murray, questo effetto è maggiore rispetto alla violenza che viene veicolata dalla televisione. Chi utilizza questo tipo di svago, infatti tenderà ad avere variazioni fisiologiche e ad aumentare i propri pensieri aggressivi, soprattutto se, all’interno del gioco stesso, si ha la possibilità di agire più attivamente con la violenza, o di personalizzare gli avatar con le proprie caratteristiche fisiche: nei giochi in cui non sono presenti tali opzioni, infatti, la correlazione con l’aggressività risulta essere inferiore. Secondo Przybylski, l’aggressività aumenta nei soggetti che utilizzano videogiochi violenti a causa di alti li velli di frustrazione percepita durante il gioco. Per quanto riguarda l’isolamento sociale, giocare ai videogiochi priva il giocatore della possibilità di istaurare relazioni sociali poiché, impiegando spesso intere giornate davanti allo schermo, si tende ad immergersi in quel mondo di fantasia a tal punto da perdere il contatto con la realtà e l’interesse per qualsiasi tipo di relazione sociale.
Anche ansia e depressione sono spesso inserite tra le conseguenze negative dell’uso dei videogiochi: secondo lo studio condotto dalla Ioawa State University quanto più tempo si trascorre davanti a qualsiasi tipo di videogioco, tanto più il soggetto si sentirà frustato e di conseguenza proverà sensazioni di ansia e depressione, nonostante tali aspetti non facciano parte del suo temperamento.
Ma il principale problema psicologico che aumenta in modo proporzionale al tempo trascorso davanti al videogioco è la dipendenza: secondo il neurologo Cherubino Di Lorenzo, le stimolazioni luminose e le musichette ipnotiche contribuiscono a far imbambolare i ragazzini davanti al videogioco, il quale permette anche di avere micro-ricompense quando si supera il livello, e frustrazioni in caso di difficoltà. Attraverso tali meccanismi si attivano i circuiti neuronali “reward” cioè quelli della ricompensa, producendo così dipendenza. L’OMS ha inserito la dipendenza dal videogioco tra i disturbi psichiatrici, denominandola “Games Disorder”: si tratta di un disturbo, prevalente tra 12 e i 16 anni, a causa del quale il videogioco diventa l’interesse centrale della vita del giocatore, compromettendone le relazioni interpersonali e provocando alterazione dell’umore, ansia, cefalea, perdita dell’appetito, attacchi epilettici e sintomi depressivi. Si entra perciò in un vero e proprio stato d’astinenza in cui, quando la persona coinvolta non riesce a giocare è pervasa da cattivo umore e irritabilità.
Nonostante le varie conseguenze negative, è importante considerare il fatto che i ragazzi di oggi sono immersi nell’era della tecnologia e che questa faccia parte della loro vita, per cui proibirgli di non avere contatto con il mondo virtuale non è possibile. Di conseguenza il genitore può permettere al figlio di utilizzare questo tipo di svago, ma usando delle precauzioni: è possibile ad esempio imporre un tempo limite per giocare prima che il gioco abbi inizio, posizionare la consolle in un luogo di passaggio in cui si può facilmente controllare il bambino, comprare videogiochi adatti all’età del figlio, utilizzare l’opzione di salvare la partita quando è il momento di interrompere il gioco, per evitare proteste da parte del giocatore e proporre attività alternative piacevoli quando il gioco è finito.