I contributi della psicologia e della psichiatria in ambito oncologico si diversificano nel corso del tempo,non solo in relazione agli studi e alle scoperte scientifiche che hanno permesso lo sviluppo delle strategie di prevenzione e cura di cui oggi disponiamo, ma anche e soprattutto relativamente alla cornice in cui si inseriscono, in relazione al cambiamento del paradigma scientifico dal modello biomedico a quello biopsicosociale.
Nel 1800, infatti, quando non era conosciuto per tale complesso spettro di patologie alcun tipo di trattamento, il campo d’intervento di entrambe le discipline era limitato ai disturbi mentali di tipo psichiatrico, mentre il ruolo del medico consisteva per lo più nel consolare e supportare emotivamente i pazienti lungo il corso inesorabile della loro malattia.
All’inizio del 1900, quando l’introduzione dell’anestesia rende possibili i primi interventi chirurgici e la radioterapia viene impiegata a scopo palliativo, si diffondono gradualmente negli Stati Uniti e in Europa le prime campagne educative sui sintomi d’esordio della malattia e nasce nel 1913 l’American Society for Control of Cancer, più tardi rinominata American Cancer Society con lo scopo di diffondere le conoscenze relative ai sintomi, al trattamento e alla prevenzione dei tumori.
Gli anni ’30 e’40 preparano il terreno all’ingresso delle discipline psicologico-psichiatriche attraverso la fondazione, nel 1937, del National Cancer Institute (NCI) e della International Union Against Cancer. Mentre i medici e l’opinione pubblica manifestano un atteggiamento pessimistico rispetto ai risultati conseguiti dai primi approcci terapeutici al cancro, iniziano le prime ricerche sulle caratteristiche di personalità e sugli eventi di vita correlati all’insorgenza di un tumore e prendono corpo i primi studi scientifici sui sintomi e le cause del lutto patologico. L’American Cancer Society promuove in questo stesso periodo i primi gruppi di auto-aiuto attraverso il reclutamento e la formazione di pazienti laringectomizzati e colostomizzati: i chirurghi comprendono ben presto l’importanza dell’informazione e del confronto reciproco tra persone che hanno vissuto la stessa esperienza di malattia.
Negli anni ’50 l’introduzione della chemioterapia modifica la prognosi di alcuni tumori precedentemente fatali, e conseguentemente, i problemi psicologici connessi alle prospettive di vita e ai trattamenti. Mentre vengono prodotte le prime pubblicazioni scientifiche sull’impatto psicologico del cancro e degli interventi chirurgici radicali ad esso legati, si sviluppa gradualmente il dibattito relativo alla comunicazione della diagnosi alla persona malata, dibattito che contribuirà nel ventennio successivo, con lo sviluppo di Linee Guida per il consenso informato, ad un atteggiamento di graduale apertura dei medici verso i propri pazienti, in concomitanza con l’aumento delle conoscenze circa la malattia da parte dell’opinione pubblica e con il crescente successo delle terapie.
Sempre nel 1950, presso il Memorial Sloan-Kettering Center di New York, sotto la guida dello psichiatra Sutherland, nasce il primo servizio autonomo finalizzato all’assistenza psicologica del paziente affetto da cancro. Il lavoro di un’altra psichiatra, Elisabeth Kubler Ross sulle reazioni psicologiche del paziente all’avvicinarsi della propria morte, ed in particolare la sua teoria sugli “stadi del morire”, conoscono una notevole diffusione in Europa e negli Stati Uniti ed hanno un profondo impatto sull’opinione pubblica e sui curanti, nella misura in cui si focalizzano sulla tendenza di questi ultimi ad evitare l’argomento della morte con la persona malata.
Negli anni ’60, sulla scia di tali nuovi contributi nasce in America il movimento della Tanatologia, finalizzato ad analizzare l’atteggiamento sociale verso la morte e le modalità per una buona comunicazione con il paziente oncologico in fase terminale da parte di tutta l’équipe di cura.
Nei primi anni ’70 poi, la graduale diffusione della “psichiatria di liaison” influisce indirettamente sulla cura del paziente oncologico attraverso l’offerta di consulenze allo staff sulla gestione dei casi problematici. Si costituiscono gruppi di supporto e di discussione di tipo multidisciplinare sul disagio psicologico del paziente neoplastico, sulle questioni etiche, sullo stress del personale curante; vengono parallelamente studiati i fattori psicologici e sociali connessi alla prevenzione e alla diagnosi precoce dei tumori, così come alla compliance ai trattamenti.
Psichiatri e psicologi contribuiscono ad accrescere, con la loro attività, le conoscenze sulla Qualità di Vita del paziente descrivendone le fasi di adattamento alla patologia, le reazioni ai cambiamenti fisici e funzionali legati ad interventi chirurgici radicali, le principali risposte alla comunicazione della diagnosi e della prognosi. Gli anni ’70 sono dunque caratterizzati da un crescente interesse per l’approccio psicosociale da parte di discipline quali l’oncologia , la psichiatria, la psicologia, l’assistenza sociale ed infermieristica.
Tale interesse è giustificato dalle aumentate possibilità di cura dei tumori, dal crescente numero di malati che accettano di parlare apertamente della propria esperienza, dalla tendenza a coinvolgere il paziente nelle decisioni relative ai trattamenti, dalla crescente partecipazione dei professionisti della salute mentale alla cura dei soggetti affetti da cancro, infine dalle ricerche sul ruolo dei fattori psicologici e comportamentali nella prevenzione delle patologie oncologiche.
In questo periodo alcuni gruppi scientifici tra cui la European Organization for Research in the Treatment of Cancer (EORTC) ed il Cancer and Leukemia Group B (CALGB), contribuiscono grandemente allo sviluppo di strumenti di misurazione in ambito psicosociale ed alla ricerca sulla Qualità della vita, anche attraverso la formazione di apposite commissioni specialistiche.
A partire dagli anni ’80 lo sviluppo della psiconcologia prende corpo e sempre più numerosi diventano i centri per la cura del cancro che includono all’ interno dell’ équipe multidisciplinari psicologi e psichiatri. La diffusione di tali attività cliniche e di servizi psiconcologici nelle strutture sanitarie facilita la sensibilizzazione delle associazioni scientifiche oncologiche che iniziano a promuovere congressi internazionali dedicati interamente a tematiche psiconcologiche. E’ parallela a queste iniziative la costituzione delle prime Società Scientifiche nel settore della psiconcologia a livello internazionale