Comunicazione organizzativa

“L’organizzazione è un costrutto sociale fatto di persone di varia natura formalmente costituita per raggiungere un qualche obiettivo”.

Nella società odierna aumentano le competenze comunicative e le organizzazioni non possono sottrarsi a questa esigenza per la loro buona riuscita.

Il nuovo valore è quello della relazione: all’ importanza di avere un buon servizio si associa quello di fornire una buona relazione.

Gli aspetti relazionali e strutturali che definiscono la comunicazione organizzativa  dimostrano che organizzazione e comunicazione oggi coincidono e che quest’ultima va a definire ciò che un’organizzazione è.

La comunicazione organizzativa si sviluppa tramite 4 specificità:

Comunicazione strategica,  comunicazione formativa, comunicazione creativa, comunicazione funzionale.

Bisogna inoltre distinguere tra comunicazione interna ed esterna (posta elettronica, telefonata, lettera, comunicato stampa…).

Oggi un’azienda che punta al successo deve attivare la partecipazione e il coinvolgimento  di tutti i dipendenti,  a prescindere dal ruolo ricoperto, utilizzando iniziative di comunicazione diretta.

 “L’impresa può essere definita come un sistema complesso di relazioni sostenuto  e governato dalle diverse forme di comunicazione” . (Invernizzi, 1996).

 Dott.ssa Alessia Miceli

Autostima: è importante come ti vedi!

Che cosa è l’autostima?
L’autostima è il processo soggettivo che porta l’individuo a valutare e apprezzare se stesso; è una stima, una valutazione, o se vogliamo la risposta alla domanda: ”Cosa penso di me?”.
Se ci valorizziamo la nostra autostima sarà alta altrimenti sperimenteremo quella che viene chiamata bassa autostima.
Avere una maggior autostima e fiducia in sé stessi non ci rende automaticamente dei supereroi, ma rappresenta il primo passo per affrontare al meglio le sfide di tutti i giorni e i nostri obiettivi più ambiziosi.
«Quando crediamo in noi stessi possiamo sperimentare la curiosità, la felicità, la sorpresa e tutte quelle emozioni che ci rendono profondamente umani»
E.E. Cummings.
Una buona autostima sostiene e innalza la qualità della vita perché rappresenta la fiducia che la persona ha nelle proprie capacità, la consapevolezza del proprio diritto ad avere successo ed ad essere felice e tutto ciò influenza la modalità con cui agisce nella quotidianità: quando hai rispetto per te stesso, di conseguenza esigi il rispetto anche da parte degli altri.
Elementi fondamentali dell’ Autostima:
 Elementi cognitivi ovvero il bagaglio di conoscenze di una persona, la conoscenza di sé e di situazioni che vengono vissute dal soggetto;
 Elementi affettivi che vanno ad influenzare la nostra sensibilità nel provare e ricevere sentimenti;
 Elementi sociali che condizionano l’appartenenza a qualche gruppo e la possibilità di avere un’influenza sul gruppo, di ricevere approvazione o meno.
L’autostima ha la caratteristica fondamentale di essere una percezione prettamente soggettiva e, in quanto tale, non stabile nel tempo ma dinamica e mutevole. Il senso di autostima deriva principalmente dalle relazioni che ogni persona interiorizza e rielabora per cui i soggetti influenzano in continuazione il proprio senso di autostima e a loro volta sono influenzati da esso.
I principali contributi teorici sull’argomento provengono da autori che ne hanno indagato i diversi aspetti:
 WILLIAM JAMES descrive il concetto di autostima come il prodotto che deriva dal rapporto tra aspirazioni e risultati conseguiti;
 G. MEAD evidenzia come presupposto fondamentale per sviluppare una sana autostima, l’essere stati stimati dagli “altri significativi”;
 G. ALLPORT collega il livello di autostima dell’individuo al modo in cui affronta i sentimenti di inferiorità;
 ROLLO MAY parla della consapevolezza dell’ “esser-ci” come punto di partenza dal quale costruire l’autostima;
 C. ROGERS mette in luce l’aspetto legato al riconoscimento e all’espressione dei propri bisogni e alla capacità di non conformarsi a quelli altrui.
Autostima eccessivamente alta è tipica di chi si sente tanto sicuro di sé da considerarsi superiore a chi lo circonda. Questa sensazione rischia di rendere arroganti o autoindulgenti, al punto da
non accorgersi dei propri errori o essere convinti di meritare privilegi e attenzioni particolari rispetto agli altri.
La persona che soffre di mancanza di autostima, invece, dà poco valore a se stessa e alle proprie opinioni, si concentra solo su debolezze e difetti (spesso più percepiti che reali) e da poco credito ai propri meriti e capacità. L’aspetto predominante di chi presenta livelli di bassa autostima: è l’insicurezza e la grande difficoltà nel prendere decisioni in quanto, forte della sua convinzione limitante, pensa che qualsiasi decisione che prenderà sarà sbagliata.
I due poli estremi dell’autostima sono:
• La sopravvalutazione, atteggiamento per cui l’individuo tende a non valutare realisticamente le difficoltà, si considera sempre pronto e preparato a priori, crede di poter riuscire in qualsiasi cosa senza sforzo, non considera la possibilità di fallire, davanti all’insuccesso reagisce negando la realtà o “crollando”, attribuisce i successi ottenuti unicamente alle proprie capacità, mentre imputa i fallimenti a cause esterne (sfortuna, persecuzione, incapacità altrui).
• La svalutazione, stato in cui l’individuo non si sente mai sufficientemente adeguato rispetto ai compiti da affrontare, vive ogni nuova prova con ansia eccessiva, di fronte al successo ne imputa la ragione a fattori esterni (fortuna, coincidenze, aiuto altrui) e mentre attribuisce gli insuccessi esclusivamente ai propri limiti.
Fra questi due estremi si colloca la situazione di autostima ideale, le cui caratteristiche sono:
 Accettazione globale di sé
Sensazione di poter essere accettati così come si è, nonostante i difetti, a prescindere dalle proprie prestazioni.
 Consapevolezza di sé:
Sapere quali sono i propri punti di forza e debolezza. Conoscere i propri obiettivi a breve e lungo termine.
 Autoefficacia percepita:
Convinzione di essere capaci di dominare specifiche situazioni, di poter portare a termine con successo determinate attività e progetti.
Chi ha un’alta autostima, pur essendo soddisfatto di sé, lavora per migliorarsi ulteriormente, mentre chi ha una bassa autostima tende ad impegnarsi poco, ad essere sopraffatto dall’ansia, a non persistere nello sforzo se i primi tentativi sono inefficaci.
L’autostima dipende da:
• Fattori interni: come si interpreta la realtà (es.: compito difficile/facile…), come si vede se stessi (capaci, incompetenti…).
• Fattori esterni: Successi ottenuti, messaggi che si ricevono dagli altri (es.: “sei bravo”,
“non sai fare nulla”…).
L’autostima non riflette necessariamente le capacità delle persone, ma le può influenzare. Persone con alta autostima non sono necessariamente più dotate (più intelligenti, competenti, attraenti), quello che le distingue sono le convinzioni circa le proprie capacità, atteggiamenti, successi e fallimenti.
Se non sempre è possibile influire sui fattori esterni che condizionano l’autostima, è possibile provare ad agire su quelli interni:
 Ridimensionare i propri obiettivi
 Assegnare importanza agli scopi che si è in grado di raggiungere
 Non attribuirsi tutta la colpa di un fallimento
 Non valutarsi in maniera troppo rigida
 Ridimensionare l’importanza attribuita agli insuccessi
L’individuo che realizza se stesso smette di essere ciò che non è, di indossare un abito di circostanza, non si sforza di essere più di quello che è, con relativi sentimenti di insicurezza e di difesa, non cerca di essere meno di ciò che è, con i relativi sentimenti di colpa e svalorizzazione.
«Vincente è colui che, seguendo le proprie indicazioni interne,riesce a navigare nella vita con le proprie leggi, col proprio vento e col proprio timone, mentre navigare con il vento altrui significa abbandonarsi alla corrente» A. Carotenuto, 1991.

COME SI CREA L’AUTOSTIMA?
Coopersmith (1967) indica 4 fattori principali per lo sviluppo dell’autostima in età evolutiva:
1. Il valore che il bambino percepisce di avere per gli altri
2. Il vissuto di successo del bambino
3. La definizione personale del bambino di «successo» e «insuccesso»
4. Le modalità di risposta del bambino all’insuccesso
In tutti i casi un ruolo fondamentale è svolto dai genitori: essi offrono un modello in base a come reagiscono a problemi e conflitti, a come promuovono accettazione e gratificazione.
Ma ci sono anche delle strategie comportamentali e mentali di porsi in relazioni agli eventi della nostra vita quotidiana che possono aiutarci a sviluppare sempre una buona stima di noi. Ad esempio quando accade che la percezione che abbiamo di noi stessi si scontri con la realtà, riceviamo quindi un feedback esterno negativo, possiamo reagire con l’elaborazione (cioè integrando le percezioni degli altri in un’immagine di noi più accurata) o con l’ evitamento (ci adeguiamo alle aspettative altrui per ottenere approvazione).
I propri limiti personali, per poter essere gestiti, devono essere prima riconosciuti e accettati e ciò può provocare ansia e senso di pericolo ma d’altronde, autostima e minaccia psicologica (ansia e senso di pericolo) sono inversamente proporzionali: la presenza di autostima ci porta a gestire eventi minacciosi riducendo il senso di angoscia, mentre la sua assenza porta all’evitamento con conseguente angoscia e preclusione di ogni possibilità di crescita personale

«Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso»
E. Roosevelt

Dott.ssa Alessia Miceli

 

Assertività: l’arte di vincere senza combattere

Di fronte a situazioni difficili gli animali hanno solo due scelte, combattere o fuggire, mentre gli esseri umani ne hanno una terza: essere assertivi.
L’assertività (che tradotto dal latino significa “affermazione di sé”) si manifesta nella capacità dell’individuo di saper esprimere e far valere le proprie idee ed opinioni senza aggredire l’altro.
Questa abilità è strettamente connessa al proprio senso di autoefficacia ed autostima.
Secondo gli psicologi statunitensi Alberti ed Emmons, l’atteggiamento assertivo si può definire: «Un comportamento che permette alla persona di agire nel suo pieno interesse, di difendere il suo punto di vista senza ansia esagerata, di esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e di difendere i suoi diritti senza ignorare quelli altrui».
Tale comportamento si può anche interpretare come la giusta via di mezzo tra l’essere passivo e l’essere aggressivo.
Per comunicare in maniera assertiva, ci sono alcuni elementi da tenere a mente nell’interazione con l’altro:

  • la partecipazione al dialogo deve essere attiva e non “reattiva”;
  • bisogna avere consapevolezza che le proprie parole hanno delle conseguenze positive o negative a seconda del messaggio inviato;
  • abbiamo sempre, in qualsiasi circostanza, il diritto di manifestare i nostri desideri e punti di vista senza però negare quelli altrui;
  • è necessario abbassare il livello di tensione che possiamo avere quando comunichiamo con l’altro, ridurre perciò l’ansia che ci deriva dalla paura del giudizio o dal senso di colpa per le conseguenze che le nostre parole possono avere;
  • le espressioni corporee e il tono di voce sono importanti e devono quindi essere coerenti al contenuto della comunicazione;
  • bisogna saper ascoltare, ovvero prestare attenzione non solo al contenuto razionale ma anche a quello emotivo, riassumere, dare feed-back e chiedere chiarimenti;
  • è bene usare parole che esprimano fiducia in sé stessi e negli altri. Sarebbe opportuno non imporsi ed evitare giudizi ed ordini categorici;
  • credere nella propria capacità di affermarsi e immaginarsi nell’atto di riuscire.

GLI STILI DI COMPORTAMENTO
L’assertività viene descritta da vari autori lungo un continuum comportamentale che va dalla “passività” all’“aggressività”, estremi indicati come negativi e disfunzionali.
Nell’area intermedia viene individuata l’assertività quale comportamento sociale funzionale ed efficace.
Il comportamento passivo è quello di colui che antepone i bisogni degli altri ai propri, viceversa nel comportamento aggressivo sono i propri bisogni ad essere soddisfatti a scapito di quelli altrui mentre nell’atteggiamento assertivo questi due si equilibrano.
Il comportamento passivo si manifesta attraverso le seguenti difficoltà:

  • non riuscire ad esprimere le proprie necessità e a fare richieste;
  • mettere da parte le proprie esigenze e diritti;
  • essere sottomesso agli altri;
  • avere difficoltà a dire di no;
  • avere difficoltà nel comunicare agli altri i propri sentimenti;
  • avere spesso bisogno dell’approvazione altrui;
  • dipendere o avere paura del giudizio altrui;
  • avere eccessiva ansia;
  • ritenere che gli altri siano migliori di noi stessi;
  • avere difficoltà nel prendere decisioni;
  • dirigere la rabbia verso di sé piuttosto che verso la fonte della rabbia;
  • sentirsi frustrati e scontenti.

Alcune delle motivazioni alla base di un comportamento passivo possono essere:
1. desiderio di essere accettati da tutti, idea irrazionale e disfunzionale.
2. non volersi lasciare coinvolgere in conflitti, per paura di non saperli gestire o per paura delle conseguenze;
3. timore che le proprie azioni non producano risultati positivi. La persona mostra di non credere in se stessa o ritiene di non possedere le capacità richieste per la soluzione di quello specifico problema;
4. timore di perdere il controllo di se stessi e di comportarsi in modo poco lecito. La persona evita di provare sensi di colpa.
Il comportamento aggressivo, invece, si manifesta attraverso i seguenti atteggiamenti:

  • volere che gli altri si comportino come fa piacere a noi;
  • non modificare la propria opinione su qualcuno o su qualche cosa;
  • decidere per gli altri senza ascoltare il parere dei diretti interessati;
  • non rispettare i diritti altrui;
  • non accettare di poter sbagliare;
  • non chiedere “scusa” per un eventuale comportamento errato;
  • non ascoltare gli altri mentre parlano;
  • interrompere frequentemente il proprio interlocutore;
  • giudicare gli altri e criticarli;
  • usare strategie colpevolizzanti o svalorizzanti;
  • considerarsi il migliore.

Le principali motivazioni sottostanti un comportamento aggressivo sono:

  • voler sempre ottenere ciò che si desidera. La persona è convinta che i suoi desideri debbano essere sempre soddisfatti anche se questo significa prevaricare gli altri;
  • sfogare la propria rabbia contro qualcuno, aiuta a sentirsi meglio. Gli altri vengono aggrediti pur di stare bene. Ci si può sentire meglio all’inizio, ma non si considera che a lungo andare così si deteriorano i rapporti con gli altri;
  • credere che gli altri siano dei nemici dai quali proteggersi. Gli altri vengono visti come ostili e l’arma migliore, prima di essere attaccati, è attaccare;
  • credere che gli altri debbano adeguarsi alla nostra volontà. Chi ragiona in questo modo è generalmente insensibile alle ragioni dell’altro. È sufficiente che l’altro dissenta dalla sua opinione per farlo scattare rabbiosamente.

Lo stile assertivo, invece, presenta le seguenti caratteristiche:

  • capacità di esprimere i propri bisogni e le proprie esigenze;
  • capacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e le conseguenze che ne derivano;
  • accettare il punto di vista e le critiche costruttive degli altri;
  • rispettare i diritti degli altri;
  • fornire critiche costruttive;
  • saper non giudicare, non svalutare o colpevolizzare gli altri;
  • ascoltare ma decidere in modo autonomo;
  • essere pronto a cambiare la propria opinione;
  • capire quando gli altri ci stanno manipolando ed arginarli;
  • non pretendere che gli altri si comportino come fa piacere a noi;
  • ricercare l’altrui collaborazione;
  • essere in grado di comunicare le proprie emozioni;
  • valutarsi in modo adeguato.

Alcune delle cause che non permettono lo sviluppo di una condotta assertiva derivano dall’educazione e dalle esperienze apprese in famiglia (un’educazione troppo rigida che non valorizza la persona e che non le insegna quali sono i suoi diritti, oppure al contrario degli esempi genitoriali negativi) ed altre derivano da fattori cognitivi: rigidità mentale e pensieri disfunzionali e irrazionali.
Galeazzi (1994) indica le seguenti principali componenti del comportamento assertivo:
– l’assertività positiva e l’assertività negativa, la prima rappresenta la capacità di esprimere e di ricevere manifestazioni di approvazione,stima e affetto, mentre la seconda riguarda l’espressione della propria disapprovazione o delle proprie critiche agli altri in modo adeguato;
– la difesa dei propri diritti quale capacità di proteggere ogni personale diritto e di rifiutare richieste inappropriate o irragionevoli, che ledono la libertà e le preferenze personali;
– l’assertività di iniziativa, ossia l’abilità nel risolvere problemi e soddisfare personali bisogni, che consiste anche nel saper avanzare richieste, favori, ecc.;
– l’assertività sociale, quale capacità di interagire con le altre persone e di stabilire nuove relazioni, che si esprime nella padronanza relativa all’iniziare, continuare e concludere una conversazione nelle più diverse interazioni sociali, tanto con amici quanto con persone autorevoli o sconosciute;
– la direttività che concerne l’attitudine ad assumersi delle responsabilità e l’abilità nell’influenzare e guidare gli altri nelle situazioni interpersonali problematiche.

L’assertività è una delle caratteristiche chiave delle persone di successo!
“Nessuno ti regalerà libertà, giustizia o rispetto.
Devi andare a prendertele.”
(Malcom X)

Dott.ssa Alessia Miceli